Onorevoli Colleghi! - Molti drammatici avvenimenti degli ultimi anni hanno riproposto con forza la questione dei controlli sulle armi e su chi le possiede.
      In Italia circa 900 mila persone hanno il porto d'armi, ma sono circa 4 milioni coloro che possiedono armi in casa. Non si tratta di criminalizzare, ma di sapere bene se queste persone possiedono i requisiti giusti per avere armi o se sia mutato qualcosa dal tempo in cui hanno ottenuto il porto d'armi o, ancora, se chi desidera possedere armi ha le carte in regola.
      La presente proposta di legge si propone diversi obiettivi: colmare una preoccupante lacuna del nostro sistema legislativo in materia di rilascio e rinnovo del porto d'armi sia ad uso di difesa personale che per uso di caccia; consentire ai detentori di armi a vario titolo di sanare la loro posizione se non in regola con gli adempimenti previsti dalle norme vigenti; consentire a chi detiene un'arma in casa regolarmente e non è più interessato a tale detenzione di poterla consegnare alla pubblica autorità.
      In base alla normativa vigente, in particolare ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 marzo 1987, n. 89, per poter ottenere e per potere rinnovare la licenza di porto d'armi, è necessario dimostrare (per mezzo di un certificato medico) di essere in possesso di determinati requisiti psicofisici stabiliti con decreto del Ministro della sanità, oggi Ministro della salute.
      Quindi, sia al momento della richiesta sia al momento del rinnovo annuale è necessario presentare agli uffici medici competenti (indicati dal citato decreto ministeriale) il suddetto certificato medico.
      Nella realtà, però quelli che sembrerebbero controlli severi e puntuali, stabiliti non solo al fine di tutelare chi vuole possedere un'arma, ma soprattutto chi non vuole possederla, si risolvono in formalità meramente burocratiche.

 

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      Come è possibile allora garantire l'effettiva sussistenza dei requisiti sia al momento della richiesta sia al momento del rinnovo? Il controllo pro forma per il rilascio della licenza, infatti, non rappresenta certo la garanzia di un benessere psicofisico e di un equilibrio mentale permanenti. Sono troppo frequenti le tragedie causate da persone sofferenti di disturbi mentali, comportamentali o della personalità o da soggetti dipendenti da sostanze psicotrope, da alcol o da stupefacenti, che, nonostante siano (evidentemente) privi dei requisiti psicofisici necessari, possiedono il porto d'armi.
      Può accadere che, a causa di una malattia neurologica o psichiatrica, oppure a causa dell'abuso di alcol o di stupefacenti, si perdano quella lucidità e quell'equilibrio considerati presupposti indispensabili per possedere ed eventualmente usare un'arma.
      Chi si preoccupa, allora, di controllare che i suddetti requisiti esistono e continuano a sussistere anche dopo uno, cinque, dieci o venti anni dal rilascio della licenza?
      Del resto i detentori del porto d'armi per difesa personale sono selezionati e controllati con cadenza annuale e il loro esiguo numero totale sul territorio nazionale (circa 45 mila, costante da molti anni) dimostra che il lavoro di selezione e controllo su queste persone è serio, costante e continuo. A destare assai più preoccupazione sono le licenze di tipo sportivo (licenze di trasporto) che coinvolgono, sembra, circa 800 mila persone. Tali licenze consentono l'utilizzo dell'arma in poligono o di zone di caccia e vengono rinnovate ogni sei anni.
      La materia della licenza per tiro a volo, regolata da una legge ormai sorpassata è spesso utilizzata per superare le difficoltà del rilascio di altro tipo di autorizzazione. Orbene, la licenza per tiro a volo consente di trasportare su tutto il territorio nazionale qualsiasi tipo di arma. L'autorizzazione è inoltre valida per sei anni senza rinnovo annuale né tantomeno è prevista la presentazione di un qualsivoglia certificato di idoneità psicofisica o certificazione giudiziaria. È pertanto opportuno provvedere ad una nuova regolamentazione coerente con la finalità dell'autorizzazione per l'utilizzo di armi a titolo sportivo e cioè:

          1) limitare il trasporto e l'utilizzazione all'ambito territoriale corrispondente alla provincia di rilascio (attualmente una licenza rilasciata dal questore di Roma permette l'utilizzo ed il trasporto su tutto il territorio nazionale);

          2) concedere l'autorizzazione al trasporto e utilizzo in altra provincia solo per giustificato motivo e previo nulla osta del questore ricevente;

          3) prevedere il rinnovo annuale dell'autorizzazione su istanza motivata, con certificazione di idoneità psicofisica e accertamento dei carichi pendenti giudiziari;

          4) consentire l'acquisto e l'utilizzo delle sole armi sportive.

      La caccia e il tiro a volo si esercitano con doppiette calibro 12; perché, dunque i titolari di queste licenze devono poter acquistare, detenere e trasportare sino al poligono pistole e carabine che nulla hanno a che vedere con tali attività? Chi ha il porto di fucile deve acquistare il fucile.
      Per evitare il ripetersi di eventi tanto drammatici quanto assurdi è necessario risolvere questo grave problema.
      A tale fine la presente proposta di legge, già presentata nella scorsa legislatura dall'onorevole Cima, prevede che i possessori di armi siano sottoposti periodicamente, oltre ai controlli di carattere medico e psichiatrico già previsti dal citato decreto ministeriale, ad un altro controllo, di carattere prettamente psichiatrico, effettuato da parte di un collegio medico (composto da tre medici) costituito presso l'azienda sanitaria locale competente e finalizzato ad accertare l'assenza di disturbi mentali, della personalità o comportamentali. Sarà poi il Ministro della salute a fissare, con proprio decreto, le modalità con cui dovrà svolgersi l'accertamento.

 

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      In questo modo la presente proposta di legge, prevedendo un ulteriore controllo di carattere medico-psichiatrico, conferisce dignità legislativa a ciò che finora è stato sempre disciplinato con decreto ministeriale, proponendosi così l'importante obiettivo di far sì che il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi non si risolvono più in un atto meramente burocratico.
      Si provvede inoltre a modificare l'articolo 35 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in modo da rendere obbligatoria, e non come avviene adesso, facoltativa, l'esibizione al questore del certificato medico ottenuto al momento del rilascio del nulla osta all'acquisto di un'arma. Conseguentemente si provvede a modificare il riferimento contenuto all'articolo 9 della legge n. 110 del 1975 che disciplina la materia delle armi. Viene inoltre uniformata la disciplina relativa alla periodicità della presentazione del certificato medico per il rinnovo del porto d'armi, attualmente previsto ogni anno per il porto di pistola e ogni sei anni per il porto di fucile ad uso di caccia. Tale disposizione risulta incapace e anacronistica se si pensa che i titolari di licenza di porto di fucile sono in numero maggiore rispetto a quelli d'arma corta e che i fucili hanno una capacità offensiva nettamente superiore rispetto alle pistole.
      Riteniamo inoltre fondamentale risolvere il problema più grande che riguarda la semplice detenzione dell'arma che, ai sensi dell'articolo 38 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sfugge ad ogni controllo periodico.
      Un punto fondamentale da abolire è che la detenzione di un'arma possa essere prolungata per 20 o 30 anni senza che l'autorità competente abbia una lettura aggiornata della situazione personale del detentore.
      Infatti, le persone meno controllate sono quelle che detengono una pistola in casa, per difesa o collezione, ed hanno il permesso, appunto, di detenzione di arma da fuoco, ma non possono portarla con sé. Si tratta di un'autorizzazione permanente che viene rilasciata senza ulteriori controlli periodici sulla salute mentale e fisica del detentore.
      L'autorizzazione a tenere in casa tali armi per difesa o per collezione è concessa senza una particolare motivazione; bastano i requisiti fisici e psichici, ma i controlli non sono periodici: si tratta di un'autorizzazione permanente, consegnata dopo la valutazione di tutte le certificazioni, senza obbligo di rinnovo.
      Viene dunque prevista una certificazione annuale con l'obbligo dell'esibizione all'ufficio di polizia o alla stazione dei carabinieri presso cui risultano denunciate le armi, di un certificato medico attestante le condizioni psicofisiche del detentore.
      Inoltre, per quanto riguarda l'idoneità all'uso delle armi la normativa vigente prevede la semplice certificazione del congedo militare o la certificazione di un poligono civile nazionale. Sussistono, tuttavia, molte perplessità circa la piena conoscenza di un'arma venti anni dopo lo svolgimento del servizio militare (magari in ambito amministrativo e non operativo).
      Infine, il titolo IV del libro X del codice di procedura penale disciplina il casellario giudiziale che può essere meglio definito come una sorta di anagrafe giudiziaria, nell'ambito della quale vengono annotati i vari provvedimenti in materia penale, civile e amministrativa riguardanti ogni singolo individuo.
      Prima che la materia venisse novellata dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto legislativo 14 novembre 2002, n. 311, entrato in vigore il 31 marzo 2003, il certificato del casellario giudiziale, ai sensi dell'articolo 688, comma 1, del codice di procedura penale, riportava tutte le iscrizioni esistenti a carico di una determinata persona equiparando, in tal modo, la pubblica amministrazione all'organo avente giurisdizione penale.
      Con l'adozione del nuovo testo unico, in osservanza di un preciso criterio direttivo della legge delega, il certificato del casellario
 

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giudiziale, richiedibile dalle amministrazioni e dai gestori dei pubblici servizi, è stato equiparato a quello richiesto dagli interessati, distinguendolo nel contempo da quello che può essere, invece, richiesto dall'autorità giudiziaria.
      Infatti, il certificato richiesto dalle amministrazioni pubbliche, non fa menzione di una serie di provvedimenti, tra cui, ad esempio, le sentenze per le quali è stato concesso il beneficio della non iscrizione nel certificato del casellario giudiziale ai sensi dell'articolo 175 del codice penale.
      Ora nel campo delle autorizzazioni di polizia in materia di armi, riveste particolare importanza la proiezione esterna della personalità del soggetto.
      Pertanto, a tale riguardo, vanno innanzitutto considerati non solo i pregiudizi di polizia e la vita anteatta in genere, ma soprattutto i precedenti penali della persona che abbia richiesto il titolo di polizia.
      Allo stato, infatti, le sentenze di condanna, ai sensi dell'articolo 175 del codice penale, relative a reati quali, ad esempio, lesioni, furto, minaccia grave e violenza o resistenza all'autorità, ostativi al rilascio di autorizzazioni in materia di armi, non vengono menzionate nel casellario giudiziale a richiesta della pubblica amministrazione.
      Appare evidente, quindi, che la predetta autorità, non potendo valutare nell'ambito della propria discrezionalità, la capacità a delinquere del soggetto richiedente, correrebbe il rischio di rilasciare la licenza di porto d'armi a persone che potrebbero abusarne.
      Pertanto, si ritiene opportuno che la pubblica amministrazione venga riequiparata, nella richiesta dei certificati, all'autorità giudiziaria, così come già previsto dall'articolo 688, comma 1, del codice di procedura penale.
 

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